MEDICINA

A Palermo le nuove tecniche per individuare l’Alzheimer. Possibile anche 20 anni prima dei sintomi

11 Aprile 2024

Si stima che nel 2050 ci saranno nel mondo più di 130 milioni di persone affette da demenza di Alzheimer. La medicina di laboratorio ha un ruolo fondamentale perché consente l’identificazione precoce di alterazioni patologiche, prima che si manifestino i sintomi clinici. Questi i temi trattati durante il convegno, presieduto dai professori Marcello Ciaccio, Mario Plebani e Francesco Salvatore, organizzato da Biomedia, nell’Aula Maurizio Ascoli del Policlinico di Palermo. Il congresso ha messo a confronto internisti, neurologi, geriatri e medici di laboratorio sulle prospettive, ricerche e sulle nuove tecniche utilizzate nella cura delle malattie neurologiche, legate all’invecchiamento.

«Oggi la vita media sia per l’uomo che per la donna sono molto allungate. L’uomo vive mediamente 82 anni, la donna 85 – spiega Marcello Ciaccio, ordinario di Biochimica Clinica e Medicina di Laboratorio a Unipa – e l’invecchiamento è certamente una delle cause di questo incremento notevole delle demenze e di Alzheimer soprattutto, che coinvolge non solo il paziente ma tutta la famiglia. E’ una condizione, infatti, che necessita di un approccio multidisciplinare anche a supporto dell’intero nucleo familiare. Il primo sintomo è chiaramente la perdita della memoria. Oggi abbiamo dei biomarcatori che ci permettono, in una fase pre-clinica e pre-sintomatica, di diagnosticare l’Alzheimer o un’altra forma di deficit cognitivo e installare i presidi terapeutici e preventivi che non fanno guarire dalla malattia, perché ancora oggi non abbiamo terapie che possano risolvere la patologia definitivamente, ma possiamo rallentare e quindi controllare meglio l’evoluzione della malattia».

A spiegare le nuove tecniche utilizzate in medicina è Mario Plebani, ordinario molecolare all’Università di Padova. «Fino a non molti anni fa l’unica cosa su cui potevamo lavorare era il liquido cerebro-spinale che presuppone una puntura lombare – spiega il professore Plebani -. Oggi la tendenza è di cercare di arrivare a dei biomarcatori che siano effettuabili invece su sangue e su un prelievo non invasivo. Abbiamo già dei dati che ci permettono di dire che possiamo prevedere con 20 anni di anticipo i segnali biochimici di un inizio di demenza e di malattia di Alzheimer». Presenti al convegno anche il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla e Massimo Midiri, rettore di Unipa.

«Pur non eliminando la possibilità di evoluzione della malattia – commenta Midiri – si può intervenire con il rallentamento. La popolazione invecchia, vuole migliorare il proprio stile di vita e quindi individuare precocemente le forme di demenza e malattie neurologiche legate all’invecchiamento così da rappresentare un minor costo sociale, essere di minor peso per le famiglie e soprattutto si può dare a queste persone la sensazione di essere ancora in vita».

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